Crisi d’impresa: il principio di prevenzione, le responsabilità e gli indicatori
L’obiettivo perseguito dal legislatore con la riforma della Crisi d’impresa è intervenire prima che si verifichi uno stato di insolvenza conclamato. Più tempestivo sarà l’intervento e maggiori saranno le possibilità di risolvere la crisi d’impresa.
Il cambio di passo del nuovo Codice è conclamato, infatti, non si limiterà ad agire a cose fatte, offrirà invece un valido supporto per prevenire o superare la crisi.
L’azione preventiva sarà possibile introducendo dell’obbligo, per l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, di istituire adeguati assetti organizzativi all’interno dell’impresa.
L’obbligo organizzativo, unitamente alla predisposizione del meccanismo di allerta basato sulle segnalazioni degli organi di sorveglianza e dei creditori pubblici qualificati, è l’architrave della riforma. Gli organi di controllo hanno già ora l’obbligo di azionare il meccanismo di allerta verificando sia il costante attivarsi dell’organo amministrativo in termini di adeguatezza dell’organizzazione sia gli altri dati rilevanti, ad esempio: l’equilibrio economico finanziario e il prevedibile andamento della gestione.
La responsabilità dell’imprenditore (o dell’organo amministrativo) si configurerà, allora, secondo gli elementi che compongono la fattispecie prevista dagli articoli 2392 e seguenti del Codice civile. Gli amministratori saranno, pertanto, chiamati a rispondere, nel caso di mancata adozione di un adeguato assetto organizzativo, quando l’omissione abbia determinato, o concorso a determinare, un evento dannoso. Gli amministratori risponderanno anche nel caso in cui dovessero adottare misure inadeguate che abbiano determinato un danno per la società, in entrambi i casi, quindi, rileva una condotta omissiva.
Nei confronti degli organi di controllo, ad esempio: il Collegio Sindacale, sono ipotizzabili, invece, ipotizzabili due diverse tipologie di responsabilità.
La prima, “esclusiva”, è relativa alla violazione degli obblighi di verità delle proprie attestazioni e di conservazione del segreto sui fatti e documenti di cui abbiano avuto conoscenza nello svolgimento dell’incarico.
La seconda, “omissiva”, è riferita a tutte le violazioni del dovere di vigilanza sugli atti compiuti dagli amministratori. Agli organi di controllo spetta, tra l’altro, di controllare che la gestione sia conforme ai canoni della corretta amministrazione e ai generali criteri di razionalità economica e di legittimità sostanziale. Nello specifico per l’eventuale omessa vigilanza sugli assetti organizzativi non potrà ritenersi esonerante la passiva accettazione di un eventuale deficit informativo né si potrà opporre la complessità dell'organizzazione societaria come elemento esonerante. Infine, gli organi di controllo saranno, ancor più, tenuti a verificare l'operato degli amministratori con continuità, senza limitarsi, a una vigilanza meramente formale.
Una delle principali novità del nuovo Codice della crisi d’impresa, come detto, sono le procedure preventive poiché, lo ribadiamo, l’animus è quello di evitare l’evento traumatico della crisi e preservando la continuità dell’impresa. I mezzi con cui questi obiettivi saranno raggiunti sono, per l’imprenditore, sia l’obbligo di organizzare l’impresa secondo modelli idonei a rilevare tempestivamente i segnali di crisi, sia il dovere, di attivarsi con gli strumenti che la legislazione prevede per prevenire l’insolvenza. La riforma, infatti, introduce sistemi di rilevazione dello stato precedente alla crisi.
L’approccio legislativo trova attuazione con l’istituzione di specifici strumenti di allerta, tra cui gli indicatori di crisi disciplinati dall’articolo 13 del Dlgs 14/2019. Questi indicatori misurano gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale e finanziario e reiterati, significativi, ritardi nei pagamenti dei debiti. In particolare, gli indici predisposti dal CNDCEC sono diversificati per singole categorie economiche, tuttavia, è prevista la possibilità di utilizzarne di personalizzati. Quest’ultima possibilità però, soprattutto in fase di prima applicazione, presenta alcune criticità dovute, ad esempio, agli adempimenti richiesti al fine di fruire della deroga. Infatti, l’impresa che intendesse avvalersi di indicatori personalizzati sarà tenuta a specificarne le ragioni nella nota integrativa al bilancio d’esercizio, in cui dovrà anche indicare gli indici elaborati. L’adeguatezza degli indici personalizzati, in relazione alla specificità dell’impresa, dovrà essere attestata da un professionista indipendente, l’attestazione dovrà essere allegata alla nota integrativa al bilancio di esercizio, costituendo parte integrante di quest’ultimo. L’attestazione, però, produrrà effetti solo dall’esercizio successivo, inoltre, la necessità di indicare la scelta per la personalizzazione degli indici nella nota integrativa preclude tale possibilità a tutte le società non tenute alla sua redazione, la maggior parte delle società presenti in Italia, salvo che riportino la medesima informativa, in calce allo stato patrimoniale.
Le zone d’ombra in merito agli indicatori sono ancora numerose, soprattutto per quanto concerne il primo anno d’applicazione, inoltre, è palese che per poter riconoscere una situazione di crisi sarà indispensabile una lettura unitaria dei risultati evidenziati da tutti gli indicatori; una lettura disgiunta, infatti, potrebbe emergere “falsi positivi”, cioè, come segnalazioni di allerta per imprese che, nel loro complesso, non sarebbe corretto considerate in stato di crisi.
Federico Cocchi
CEO Strategic Business Service Srl